Fury- Il lavoro più bello che c'è


Proviamo a fare un gioco. Prima di parlare per bene di Fury, proviamo a pensare a quale sia stata la prima impressione che questo film ci ha dato, prima di andarlo a vedere.

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 Mentre guardavo il trailer e leggevo della sua uscita, ben 4 anni fa, mi aspettavo un classico blockbuster americano. Il solito war movie che racconta come gli americani siano eroici e attraverso le difficoltà siano riusciti a fermare il cattivo Hitler.
Mi aspettavo un prodotto hollywoodiano qualunque, con star di primo ordine, budget altissimo e un buon lavoro tecnico. Ero già pronto a dover assistere a tutti i classici stereotipi, scene madri e cliché.

Poi però, già dai primi minuti e man mano durante la visione, Fury si scrolla di dosso tutti questi pregiudizi. 

Ci dimostra che si possono ancora creare film unici, che coinvolgono a pieno e che fanno provare forti emozioni, anche se sono ambientati in un contesto portato allo stremo nel mondo del cinema.

Ci troviamo nella seconda guerra mondiale e seguiamo le gesta di Fury, un carro armato americano che avanza all'interno della Germania nazista. Al suo interno troviamo un gruppo affiatato che combatte insieme da anni e, dopo l'uccisione di un loro membro, esso viene rimpiazzato dal novellino di turno, Norman Ellison (Logan Lerman). Ragazzo giovane, che non doveva essere destinato al campo di battaglia e che ha un cuore puro, tanto da non voler uccidere nessuno. Il gruppo è formato dal sergente Don Collier (Brad Pitt), della 2ª Divisione corazzata, e il suo equipaggio: il cannoniere Boyd Swan (Shia LaBeouf) , profondamente cristiano e soprannominato "Bibbia", il pilota messicano Trini "Gordo" Garcia (Michael Peña) e il rude caricatore Grady "Coon-Ass" Travis (Jon Bernthal), con i quali ha condiviso oltre tre anni di servizio nell'Esercito degli Stati Uniti e duri combattimenti nel deserto nordafricano e in Normandia.



La prima cosa che stupisce della pellicola è che, anche se comunque procede basandosi su scene madri e personaggi stereotipati, stupisce proprio per la profondità di questi ultimi. Mostra da subito l'aspetto reale della guerra. Non è una gara a chi è più eroico o chi ne uccide di più. La guerra è morte, è logoramento interno dell'anima e ci viene mostrato in modo crudo e praticamente perfetto. Sia dalle immagini di morte e cadaveri che vediamo, ma soprattutto grazie al superbo lavoro svolto dagli attori. A partire dal leader Don, che si mostra sempre deciso e con una integrità ferrea, ma spesso si nasconde per sfogarsi ed è in piena crisi, perchè dentro è sfinito, è a pezzi.



Quel che sembra interessare al regista Ayer è la maniera in cui i corpi dei soldati sono martoriati, bruciati, mutilati, sporcati, segnati e tagliati dall’esperienza. In molti hanno voluto fare film di guerra dalla parte dei soldati, nessuno ne ha raccontato in questa maniera il lento morire, il lento essere smembrati, penetrati, escoriati, bruciati e fatti effettivamente a pezzi.
 Lo stesso ci viene mostrato dagli altri personaggi, tutti spietati e meschini. Però dopo il momento di spavalderia scoppiano in lacrime, perchè sanno che arriverà anche il loro momento, sanno che molti loro amici sono morti o stanno morendo. Anche dopo aver trattato duramente il nuovo arrivato Norman, sanno che lui è diverso, ha un cuore troppo puro per la guerra e così finiscono per chiedergli scusa e con il passare del tempo lo fanno integrare nel gruppo.

"Non affezionarti a nessuno". E' questa una delle prime frasi che Don dice proprio a Norman, sperando che almeno lui potesse mantenere un qualche tipo di integrità morale. 

Ma alla fine sarà quello che cambierà maggiormente. Inizialmente sarà costretto ad uccidere, costretto dallo stesso leader che poi andrà a nascondersi perchè sà che ha spezzato il povero Norman. Quest'ultimo poi, nel corso del film, diventerà proprio come i suoi compagni. Accecato dalla rabbia verso i nazisti.



Come detto Fury procede per stereotipi molto prevedibili eppure ben sviluppati, e immediatamente coinvolgenti con la loro profondità incredibilmente cupa. Le scene madri, al contrario, sono tutt’altro che banali. Per esempio vi è la lunga sequenza nella casa di due donne tedesche, dopo che gli americani hanno conquistato il loro paesino. Don e Norman si chiudono in casa loro e le trattano con rispetto. Al contrario degli altri che pensano solo a bere e stuprare chiunque trovino. Qui vediamo anche il profondo rispetto e la nobiltà d'animo di entrambi ed il povero Norman che si affeziona troppo ad una delle due. Prima di essere interrotti dal resto dei compagni che invidiosi cercano di rovinare il pranzo e dimostrano ancora una volta le loro debolezze e paure.

Questa sequenza spezza l'andamento e sembra far sedere il film, invece lo raggela e crea una suspense improvvisa ed imprevista.


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Anche nella scena dove vi è il duello tra i carri armati sembra presentarsi come scontata, ma lascia a bocca aperta. Vedere questo combattimento che quasi li porta allo sterminio, rappresentato come un duello cavalleresco.

Proprio a seguire di una di queste scene che li vede faccia a faccia con la morte, mentre esultano, il gruppo si unisce sotto la frase: il lavoro più bello che c'è. Come se siano realmente felici di essere li.

Per poi essere sopraffatti dal rammarico.

Un elogio va fatto anche alle musiche, per niente invadenti e che accompagnano lo spettatore e lo fanno calare perfettamente in questa atmosfera.
A far da cornice a tutto questo, abbiamo una fotografia perfetta, che coglie e sottolinea ogni scena e ogni espressione dei soldati. Ci fa immergere nei silenzi e unita a prestazioni attoriali fuori dal comune percepiamo i sentimenti, i pianti e le grida che i protagonisti trattengono.
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Così questo è Fury. Un film per niente scontato e banale. La rappresentazione dell’esercito e del soldato è più cupa di quanto sembri. Non è casuale che ogni decesso avvenga solo ed esclusivamente al di fuori dell’abitacolo del cingolato, basta soltanto la testa a far capolino e si finisce al creatore. Ayer, anche sceneggiatore, è sufficientemente chiaro, l’eroismo (cioè, fra l’altro, distinguersi ed ergersi sugli altri) è un gesto sproporzionato che conduce alla morte. I protagonisti sono consapevoli della loro situazione: sopravvivono all'interno della loro bara su cingoli, destinati inevitabilmente allo sfascio.

 

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